Sei un social media addicted (patologico)?

Ho già sfiorato questo argomento qualche tempo fa in questo post, parlandoti di Kraus e della cultura della distrazione. Oggi però vorrei riflettere esclusivamente sul mondo dei social e non su internet in generale. L’argomento è scottante e assolutamente attuale.
Con la nostra presenza costante e continua, stiamo diventando social media addicted e quindi persone che interagiscono in modo patologico con questa modalità comunicativa?

La Social Media Addicted Disorder (SMAD) è una patologia, un disturbo psicologico che procura sintomi di astinenza e provoca un’interruzione del rapporto sociale.

I social in pratica anti-social?

In effetti è così. Già anni fa quando il magico mondo dei social media non era nemmeno immaginabile esisteva una parte della medicina e della psicologia che studiava le psicopatologie correlate all’utilizzo del web. Ai tempi tutto era circoscritto alla gestione virtuale di avatar o di second life fittizie. Non si poteva interagire direttamente con altre persone, oggi sì. A proposito di Social Media Addicted, ho trovato l’infografica che ti inserisco a fine post e che a mio avviso sintetizza molto bene gli elementi da tener monitorati per non essere vittime di questo utilizzo distorto, ma che soprattutto permette a chi è genitore o educatore di avere dei parametri per valutare rischi sui propri figli o ragazzi.

Io personalmente non sono così fatalista. Sì lo ammetto, sono sempre connessa e guardo lo smartphone prima di chiudere gli occhi, ma è anche uno strumento di lavoro e non vedo in me un uso distorto dello strumento. Diventa Social Media Addicted Disorder quando l’ansia di ricevere conferme online (es. like o commentiio) è l’unico motivo che ti spinge a interagire sui social. Sei nel pieno della patologia quando l’essere connesso in ogni situazione diventa più importante che interagire e guardare negli occhi chi ti sta vicino.

I consigli finali pubbicati sull’infografica sono condivisibili, soprattutto se usi i social media per svago e nel tempo libero:

  • limitati all’uso del social media che più interessa alla tua vita personale (non devi essere in ogni dove!)
  • aggiungi i social media al tuo programma di vita come fai per la palestra o quando prenoti il parrucchiere (se non lo usi per lavoro ti aiuterà a circoscrivere momenti da dedicare)
  • ricorda che, se non vuoi essere contattato, non sei obbligato a seguire tutti o diventare amico di tutti (selezionare il proprio networking è fondamentale!)
  • imposta un allarme che ti indichi il tempo che stai passando online (temporizza e concentrati su quello che ti serve: se è uno svago fai che rimanga tale).

Il giusto approccio, a mio avviso, sta veramente nel mezzo! Lo smartphone è la porta attraverso la quale possiamo interagire col mondo social e, viceversa, entrare in contatto con persone da vivere nel mondo reale. Non ha più senso questa distinzione e lo ripeto da molto. Quando parlo di cultura social, intendo anche questo: l’educare le persone a un utilizzo corretto e sano della rete e alle meravigliose possibilità che ci propone, il tutto però mixato in un equilibrio armonioso che non deve togliere nulla né al piacere di condividere un’emozione online, né alla gioia di ricevere un bell’abbraccio. Chi non resta in equilibrio soccombe e così avremo da una parte gli anti-social, per cui i social media sono il male assoluto da combattere, e dall’altra, purtroppo, persone ammalate di Social Media Addicted Disorder.

Trovo infine fondamentale quest’ultima riflessione: io sono nata ‘analogica’ e sono diventata ‘digital’ per passione e professione. Per fare questo ho studiato e quotidianamente vivo l’ambiente dei social media. Non ho perso il mio equilibrio, anzi l’interazione online mi è servita per crescere anche nel mio lavoro. Non tutti però possiamo essere autodidatti e a molti può non interessare avere un’esperienza approfondita sui social. Molti invece si son ritrovati con l’evoluzione digital e social tra le mani (soprattutto gli adulti) e ora faticano a percepirne le potenzialità. Non sarebbe il caso di ragionare e proporre concreti percorsi di formazione e evangelizzazione digitale che andrebbero fatti a pioggia in Italia su tutte le categorie e fasce di età?

Chi non conosce agirà con ignoranza e i rischi saranno veramente alti: da quelli psicologici a quelli più concreti come le mancate possibilità di business. Direi che è il caso di svegliarci, tu che ne pensi?

Social Media Addiction infografica

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